La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 20798 del 5 settembre 2017, è tornata a pronunciarsi sulla celebre questione relativa alla legittimità del c.d. avviso di accertamento “per relationem“.
Come noto, la base normativa della vicenda si rinviene nell’art. 7 della Legge n. 212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), ove è espressamente statuito che “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
Il principio di allegazione degli atti all’avviso di accertamento risponde all’esigenza di garantire al contribuente la possibilità di formulare al meglio le proprie difese, costituendo in tal senso una diretta e specifica applicazione del principio sancito all’art. 24 della nostra Costituzione, il quale afferma a chiare lettere che “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”.
Tale recente pronuncia rappresenta dunque una nuova presa di posizione da parte della Corte di Cassazione, la quale – in contrasto con quanto statuito dalla sentenza emessa in secondo grado – ha ritenuto legittima l’attività di accertamento svolta nei confronti del contribuente, accogliendo dunque le argomentazioni enunciate da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito alla validità del proprio operato.
A tal riguardo infatti, la Suprema Corte partendo dal presupposto che “la decisione impugnata ha omesso di considerare che di detta documentazione lo S., quale amministratore della società cui era stato notificato il relativo accertamento, aveva già acquisito legale conoscenza” ha nuovamente ribadito l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, in forza del quale «in tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, della L. 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione».
La pronuncia in esame dunque, pur ponendo un punto “a favore” dell’Amministrazione Finanziaria, va comunque inserita nell’ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinale formatosi sul punto, che ha visto in numerosi casi le Commissioni Tributarie riconoscere ragione al al contribuente, trovatosi materialmente nella difficoltà – ed in alcuni casi, nella impossibilità – di poter celermente reperire tutti i documenti necessari alla valutazione delle contestazioni elevate da parte dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente lesione del proprio diritto di difesa.
Naturalmente, restiamo a disposizione per ogni ulteriore approfondimento.