La storia “infinita” del c.d. contraddittorio endoprocedimentale (ovverosia dell’obbligo, sussistente in capo all’Agenzia delle entrate e, in generale, gravante su qualsivoglia Ente impositore, di procedere alla instaurazione di un canale di comunicazione collaborativo con il contribuente in una fase antecedente l’esercizio del proprio potere impositivo) si arricchisce di un ulteriore, ed invero estremamente interessante, capitolo.
Stiamo parlando della ormai nota sentenza n. 3431 del 2017, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Siracusa ha stabilito che qualora il contribuente sia destinatario di un avviso di accertamento avente per oggetto l’imposta sul valore aggiunto, le garanzie procedimentali previste per tale specifica imposta (in relazione alla quale, in quanto “tributo armonizzato”, trova applicazione il menzionato obbligo di rispetto del contraddittorio preventivo) si estenderanno anche all’eventuale ed ulteriore attività accertativa, posta contestualmente in essere da parte dell’Amministrazione finanziaria in relazione ad altre imposte dirette (es. IRPEF o IRAP), per le quali – a differenza dell’IVA – non sussiste ad oggi alcun obbligo al riguardo.
In tal senso la C.t.p. siracusana – si legge nella menzionata pronuncia – dopo aver preliminarmente richiamato il decisum contenuto nella sentenza n. 24823 del 2014, ove le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che “in caso di verifiche “a tavolino” aventi ad oggetto il recupero di tributi non armonizzati, quali l’irpef e l’irap, l’amministrazione non ha alcun obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, non esistendo nell’ordinamento nazionale, diversamente dal diritto dell’Unione Europea, alcuna norma cui ancorare tale dovere generalizzato”, ha successivamente statuito “come nel caso di accertamento contestuale sia di maggiore Iva che di imposte dirette, come è avvenuto nel caso concreto, l’obbligo del contraddittorio preventivo sia implicito e si estenda per tutti i tipi di imposta, non potendosi parcellizzare la declaratoria di illegittimità limitatamente all’Iva, con la conseguenza che la censura avanzata nel presente giudizio va sicuramente accolta anche per le altre imposte”.
La decisione assunta dal Collegio siracusano rappresenta, pur nel complessivo ed articolato quadro giurisprudenziale in materia di “contraddittorio preventivo“, un importante passo avanti nella necessità di configurare, in capo all’Amministrazione finanziaria, l’obbligo di instaurare un canale di interlocuzione preventiva con il contribuente, finalizzato alla acquisizione degli elementi necessari per l’esercizio – qualora necessario – del proprio potere di accertamento.
Tale pronuncia, peraltro, si pone nel solco del recente orientamento di legittimità maturato sul punto con l’ordinanza n. 2879/2016, ove la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito la generale rilevanza del diritto al contraddittorio endoprocedimentale anche in mancanza di un enunciato normativo specifico.
In altri termini, il dibattito in ordine all’ambito e alla portata di applicazione del generale principio del contraddittorio è tutt’ora aperto e più vivo che mai.
Come sempre, restiamo a disposizione per ogni ulteriore approfondimento.