Con la sentenza n. 28331, pubblicata il 7 novembre 2018, la Corte di Cassazione ha nuovamente posto l’attenzione su un tema estremamente interessante, avente per oggetto l’applicazione delle sanzioni tributarie nei confronti del c.d. amministratore di fatto, per violazioni esclusivamente riferibili ad attività poste in essere da parte della società.
Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria – con due provvedimenti impositivi relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008 – disponeva l’accertamento di maggiori imposte dirette, IRAP e IVA nei confronti di una Società a responsabilità limitata, procedendo alla comminazione delle relative sanzioni non soltanto nei confronti della compagine societaria ma altresì nei riguardi del presunto amministratore di fatto, ritenuto solidalmente responsabile.
Gli atti di accertamento venivano impugnati dal predetto amministratore, per la parte attinente ai profili sanzionatori, il quale ne chiedeva l’annullamento a proprio carico in considerazione della previsione di cui all’art. 7, c. 1, del d.l. n. 269 del 2003, a norma della quale “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. La CTP, ritenendo non condivisibile la tesi formulata dal ricorrente, respingeva il ricorso.
La pronuncia veniva impugnata dal contribuente innanzi la competente CTR, la quale – in accoglimento delle argomentazioni da questi formulate – ne disponeva la riforma, evidenziando al riguardo che «il principio dell’equiparazione dell’amministratore di fatto a quello di diritto non è applicabile al diritto tributario a far data dall’entrata in vigore» del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, il cui art. 7 era stato promulgato con l’evidente finalità di «escludere le responsabilità personali delle persone fisiche gravitanti all’interno delle società con personalità giuridica, qual è, senza ombra di dubbio la XXX s.r.I.».
L’Agenzia delle entrate proponeva rituale ricorso per Cassazione, chiedendo la riforma della decisione pronunciata in grado di appello e, per l’effetto, la declaratoria di legittimità in ordine alla responsabilità solidale delle sanzioni, addebitate a carico dell’amministratore di fatto.
Ebbene, con la sentenza oggetto di odierno approfondimento, la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità degli avvisi di accertamento per la parte attinente ai profili sanzionatori, posti solidalmente a carico dell’amministratore di fatto, statuendo al riguardo che «le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in I. n. 326 del 2003), sono esclusivamente a carico della persona giuridica anche quando sia gestita da un amministratore di fatto, non potendosi fondare un eventuale concorso di quest’ultimo nella violazione fiscale sul disposto di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 472 del 1997, che non può costituire deroga al predetto art. 7, ad esso successivo, che invece prevede l’applicabilità delle disposizioni del d.lgs. n. 472 ma solo in quanto compatibili».
Tale regola generale, a parere dei Giudici di legittimità, potrebbe non trovare applicazione nelle ipotesi in cui:
- le sanzioni, oggetto di contestazione, siano state irrogate antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 269, ovverosia il 2 ottobre del 2003;
- venga dimostrata, nel corso del giudizio, l’artificiosa costituzione per fini illeciti della società di capitali, da parte dell’amministratore di fatto, «potendo allora le sanzioni amministrative tributarie essere irrogate nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmente delle violazioni contestate. In tal caso, la persona fisica che ha agito per conto della società è, nel contempo, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica».
Nel caso di specie, come già anticipato, le sanzioni erano state contestate sia alla società che al suo presunto amministratore di fatto. Trovando applicazione la regola della riferibilità esclusiva alle persone giuridiche delle sanzioni amministrative tributarie, introdotta dall’art. 7, c. 1, d.l. n. 269 del 2003, l’amministratore di fatto della SRL non poteva essere chiamato a rispondere, in via solidale, per il pagamento sanzioni elevate a carico della società, non soltanto perché comminate in epoca successiva rispetto all’entrata in vigore della richiamata norma, ma anche e soprattutto in considerazione della mancata prova in ordine alla fittizia costituzione della società, questione non affrontata dal giudice di merito poiché non dedotta dall’Ufficio nelle proprie difese.
Restiamo come sempre a disposizione per ogni ulteriore approfondimento.