Con la sentenza n. 75 del 19 marzo, depositata il 9 aprile 2019, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies del d.l. n. 179 del 2012 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 221/2012, inserito dall’art. 45-bis, c. 2 lett. b. del d.l. n. 90 del 2014 e s.m.i.) nella parte in cui prevedeva che la notifica di un atto effettuata con modalità telematiche, con generazione della ricevuta di avvenuta accettazione oltre le ore 21 ma entro le ore 24, dovesse considerarsi perfezionata per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di effettiva ricezione dell’atto medesimo.
Il comma 1 dell’art. 16-septies citato prevedeva, infatti, che «quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo».
Al riguardo, la Consulta – dopo aver preliminarmente rammentato che «il divieto di notifica per via telematica oltre le ore 21 risulta introdotto … allo scopo di tutelare il destinatario, per salvaguardarne, cioè, il diritto al riposo in una fascia oraria (dalle 21 alle 24) in cui egli sarebbe stato, altrimenti, costretto a continuare a controllare la propria casella di posta elettronica» – ha successivamente evidenziato che la norma di cui trattasi, nella versione oggetto di abrogazione, appare illegittima poiché non giustifica «la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale … viene invece impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa: termine che l’art. 155 cod. proc. civ. computa «a giorni» e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte dell’ultimo giorno».
Ma vi è di più.
A parere dei Supremi Giudici infatti, la norma denunciata risulta «per di più, intrinsecamente irrazionale, là dove viene ad inibire il presupposto che ne conforma indefettibilmente l’applicazione, ossia il sistema tecnologico telematico, che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale di notificazione, posto che quest’ultimo si basa su un meccanismo comunque legato “all’apertura degli uffici”, da cui prescinde del tutto invece la notificazione con modalità telematica».
Tale “diversità”, peraltro, è stata recepita dal Legislatore nella previsione della disciplina avente per oggetto il deposito telematico degli atti (art. 16-bis, c. 7, d.l. n. 179 del 2012), nella parte in cui ha previsto che il deposito è da considerarsi tempestivamente eseguito «quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile».
Tali considerazioni, a parere della Corte Costituzionale, non possono che condurre alla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma oggetto di censura, atteso «l’irragionevole vulnus che l’art. 16-septies … reca al pieno esercizio del diritto di difesa – segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l’esercizio dell’azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva – venendo a recidere quell’affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico (che lo stesso legislatore ha ingenerato immettendo tale sistema nel circuito del processo), il dispiegamento delle quali, secondo l’intrinseco modus operandi del sistema medesimo, avrebbe invece consentito di tutelare, senza pregiudizio del destinatario della notificazione».
In conclusione, la pronuncia della Corte Costituzionale – come appare fin troppo evidente – è destinata ad incidere profondamente nella gestione delle priorità professionali di tutti i protagonisti del mondo giuridico, i quali, se per un verso potranno usufruire di maggior tempo per la notifica telematica dei propri atti (con buona pace dell’attività dei propri collaboratori), per contro si troveranno “costretti” a tener costantemente sotto controllo la propria casella di posta elettronica certificata, almeno sino alle tanto agognate ore “23:59:59”, comprimendo così ancor di più il già poco tempo destinato alla vita personale e familiare.